Internet è rovinato da spazzatura gonfia
Viviamo nell’èra della scarsa capacità di attenzione. Eppure, per trovare una ricetta in un post di un blog bisogna prima scorrere una novella che descrive l’esperienza personale dello chef con il piatto.
Gli spettacoli in streaming sono lunghi e si trascinano nel territorio dei lungometraggi. Gli episodi del podcast “The Joe Rogan Experience” sono talvolta più lunghi di “Avatar”. Anche le piattaforme un tempo note per i media brevi stanno superando i limiti: sono finiti i tempi dei tweet da 280 caratteri; su X, un utente può ora pagare un extra per postare fino a 25.000 caratteri (questo articolo, per fare un confronto, è sotto i 6.000). Una volta i video di YouTube avevano un limite massimo di 10 minuti; ora possono raggiungere (e raggiungono) le 12 ore. Anche TikTok si sta spingendo oltre, e secondo quanto riferito da alcuni tester, sta sperimentando un nuovo limite di 15 minuti per alcuni creators.
Sicuramente una parte di ciò nasce dal genuino interesse del pubblico. La lunghezza, dopotutto, è talvolta associata alla qualità. Leggere tutte le 1.000 pagine di “Infinite Jest” o guardare tutte le tre ore di “Oppenheimer” è considerato un risultato degno di nota, come non lo è guardare una dissezione di 60 secondi su TikTok dello stucco della doccia. A volte, la narrazione merita una lunghezza prodigiosa.
Altre volte no. Decisamente, no.
I media online sono spesso infarciti non perché l’argomento lo richieda, ma perché i creatori cercano di giocare con gli algoritmi o di guadagnare di più.
Su TikTok, le persone fanno un po’ di filibustering (ostruzionismo), ritardando il punto finale, o dividono i loro video in “parti” inutili — strategie per attirare gli spettatori e aumentare i preziosi numeri di engagement. Tutti questi comportamenti sono un effetto collaterale della nostra realtà alimentata dagli algoritmi. Questi sistemi, al livello più elementare, dovrebbero consigliare video, testi e qualsiasi altra cosa le persone pubblichino online (senza di essi sarebbe impossibile fare una cernita). Tuttavia, nel processo, finiscono per incentivare le persone a generare un sacco di spazzatura, per giunta gonfiata. Per esempio, tutto ciò che è più breve di un minuto non può essere monetizzato su TikTok.
Alcune di queste app sembrano rendersi conto di ciò che hanno combinato. TikTok e YouTube dànno agli utenti la possibilità di accelerare le cose, guardando i video a velocità doppia, se lo desiderano. Ma la soluzione non fa che sottolineare il problema: tutto è troppo lungo. Gran parte di questo impiccio deriva da tutti gli annunci pubblicitari che precedono i video o che compaiono tra un paragrafo e l’altro: per il detersivo per il bucato, per i gioielli, per il software fiscale o altro. Ogni spazio in più per questi annunci, che si tratti di spazio su una pagina o di tempo in un podcast, è un’opportunità per le piattaforme di guadagnare di più. Gli articoli e i video più lunghi hanno più spazio per inserire gli annunci pubblicitari, evitando la sensazione di sovraccarico che potrebbe derivare dall’inserimento di questi ultimi in materiale più breve.
Nel 2019, secondo The Verge, una youtuber ha scoperto che i video di durata superiore a 10 minuti le procuravano il triplo delle entrate rispetto a quelli più brevi. «È molto più facile monetizzare i contenuti quando sono più lunghi», ha dichiarato nel dicembre 2023 alla CNN Scott Kessler, responsabile del settore tecnologico presso Third Bridge, un gruppo di ricerca di mercato. Un portavoce di TikTok ha inoltre dichiarato che, nel 2023, i creators che hanno realizzato contenuti di forma più lunga hanno più che raddoppiato le loro entrate rispetto all’anno precedente.
Gli algoritmi promettono di svolgere un compito fondamentale: raccogliere i contenuti presumibilmente migliori dal diluvio di Internet e proporli agli utenti. Alcuni algoritmi potrebbero in effetti privilegiare le metriche di durata (per es. il tempo trascorso a guardare) come indicatore di qualità. Ma è difficile dirlo con certezza, perché le aziende tecnologiche tendono a non fornire molti dettagli sul loro funzionamento interno. «I video più lunghi, come tutti gli altri contenuti, vengono consigliati in base alle preferenze e agli interessi degli spettatori», ha dichiarato il portavoce di TikTok.
In un certo senso, il fatto che un algoritmo sia effettivamente codificato per preferire i video di formato più lungo è meno importante del fatto che i creators pensino che un algoritmo preferisca i video di formato più lungo. Le teorie popolari sugli algoritmi finiscono per influenzare i tipi di contenuti prodotti. Se le persone iniziano a credere che i video o gli episodi di podcast più lunghi vadano “meglio”, ne produrranno di più.
I creatori di contenuti fanno del loro meglio con dati limitati. Da dicembre 2020 a luglio 2022, Ashley Mears, titolare della cattedra di sociologia culturale e dei nuovi media presso l’Università di Amsterdam, ha condotto una ricerca mentre era inserito in un’azienda che produceva video specificamente progettati per piacere su Facebook. «A un certo punto, si trattava di video di tre minuti», dice Mears. «Era la durata minima che un video doveva avere per fare soldi». L’azienda ha scritto i suoi contenuti di conseguenza, aggiungendo dei cliffhanger (espediente che conclude un episodio con l'intento di indurre nel lettore/spettatore una forte curiosità circa gli sviluppi successivi, ndr) o ritardando l’eventuale risoluzione di un quesito al secondo minuto per far sì che la gente continuasse a guardare. A volte le piattaforme si oppongono a questa cosiddetta “esca di coinvolgimento”, penalizzando coloro che la praticano. «I creatori di contenuti sono molto esperti, soprattutto se sono professionisti», continua Mears. «Studiano i numeri e le metriche. E daranno alle piattaforme tutto ciò che le piattaforme vogliono».
Ciò non significa che un buon contenuto scritto o video non possa necessariamente essere lungo, o che al contrario debba per forza essere entro una certa lunghezza: il punto è un altro. Come confermerà qualsiasi scrittore o youtuber di qualità: una storia dovrebbe dettare la propria lunghezza, durando solo quanto è necessario.